The importance of being a dreamer
Le notti brave
«sabato 1 ottobre 2016»



“Il fatto è che tu hai proprio quello sguardo da lasciatemi proprio stare che non sopporto nessuno”. 

Devo ringraziare il collegio in cui vivo perché è sempre stato fonte di enormi emozioni per me: mi ha dato le più grandi gioie e le più grandi incazzature della mia vita (perdonate l’elegante gergo). In questo momento la riflessione è notturna: a due piani di distanza stanno espletando, in gruppo, i loro bisogni… sociali. Il fatto è che quando vuoi dormire perché sei stanco e non hai cazzi di festeggiare, risulta veramente difficile chiudere occhio e non maledire tutti i loro volti, uno per uno. 

Devo però dar loro il merito di una cosa: il mio scrivere. Le notti insonni sono sempre state il mio momento preferito per scrivere. Le uniche cose vagamente decenti che le mie mani abbiano mai prodotto sono venute fuori in serate come queste. Le ricordo tutte, nonostante la memoria spesso non mi accompagni. Si è sempre trattato di ore in cui non potevo dormire, svegliata o da scocciatori esterni o da demoni del tutto interiori che mi tormentavano. Il fatto è, come si può notare, scrivo raramente e, se succede, è solo perché sto provando un’emozione censurata, che non posso esprimere in altri modi concreti. Vivo stati d’animo all’estremo del sentimento quando butto giù qualcosa. Se cerco di farlo a mente fresca, quando sono in un momento di relativa quiete emozionale, allora i miei prodotti fanno pena. 

In ogni caso, non era di questo che volevo parlare. Oggi mi sento una logorroica mentale. 

Sto pensando, da troppi giorni, a troppe cose, troppo. Il problema è che tutto questo pensare si è accumulato e ora è venuto fuori. 

Ciò a cui ho pensato tanto tanto tanto sono le relazioni sociali e tutti i loro meccanismi.

La sensazione che ho è quella di vivere in una bolla, in cui osservo. Io osservo tutto. Vedo tutto. Non partecipo mai. Mamma diceva che da piccola ero una bambina molto energica ma anche molto seria. E ci credo davvero. So che ero davvero così. Perché non sono cambiata di una virgola. Sono innamorata della vita ma, chissà perché, non riesco mai a farne parte completamente, come vorrei. Tutt’oggi, teoricamente, osservo tanti tipi di relazioni sociali, i meccanismi di creazione e disfatta di un legame. Tuttavia, sto ancora cercando di capire come possa farmi coinvolgere in tutto questo. Mi spiego: aldilà dei miei legami intimi, non riesco davvero ad essere una persona veramente e adeguatamente integrata. C’è sempre quella sensazione di puro disagio, di voglia di andarmene a fare altro, se mi trovo in gruppo di persone. Il problema si presenta in quelle occasioni di pura vita sociale, come spesso accade in una comunità universitaria, quando sento di dover essere un'altra persona. 

“Tu ogni tanto ti rabbuiavi e dicevi mamma, mi sento un fantasma. Mi pareva di capire solo in apparenza che cosa intendessi dire e non ci ho dato tanto peso.”

Ed è così. Non capisco davvero se il problema sia solo mio o se, semplicemente, si tratti di un insieme di combinazioni fortuite per cui devi arrivare a trovarti con il giusto gruppo di persone, con le quali non hai necessità di indossare una maschera, con cui puoi rilassarti nel profondo, senza sprecare inutili energie. Non riesco ad adeguarmi, non ho la capacità di fingere per troppo tempo. Non so mischiarmi. 

Il fatto è che mi chiedo, costantemente: come fate ad adeguarvi? O siete davvero così?
Il dolore deriva dal fatto che, per natura, siamo esseri umani che hanno bisogno di relazioni sociali ma, sfortunatamente non tutti nascono con la stessa personalità. Il nocciolo di tutta la faccenda risiede in questo paradosso: vale la pena impegnarsi così tanto per stringere legami deboli (ribadisco che si escludono quelli più profondi)? Vale la pena star male? Obiettivamente, no. 

Detto ciò, si sa che il sentimento è tutt’altro che razionale, per cui non è tanto facile cambiare ciò che si sente. Finché parliamo di pensieri, sono tutti bravi. Finché si dice “cambia questa idea”, ci possiamo ancora ragionare su. Quello che non puoi ignorare è la rabbia, la sofferenza che ti attanaglia nel silenzio. In quei casi non c’è ragionamento che tenga. 
Per cui, ogni tanto, questo tema ritorna nella mia mente, si fa sentire quella parte un po’ fastidiosa che è del tutto umana e va presa com'è. Credetemi, è un po’ biologica tutta la faccenda. 
Se da una parte voglio accettare questa condizione, dall'altra sono frustrata perché non c’è soluzione che per il momento tenga. Sembra che l’equilibrio sopraggiunga solo quando non ho tempo per starmene in solitudine. E neanche questo va bene. 

Tra l’altro, rileggendo Nana, in questi giorni, sto trovando parecchi spunti su cui riflettere. Si, ancora. 

“Sai Nana, i sentimenti delle persone mutano con facilità e la realtà che si riflette nel loro sguardo è illusione... Non ci sono certezze.
Però, anche quando la luna ci appare calante in realtà la sua forma resta sempre immutata. Non dimenticarlo mai.”

Comunque, in questo momento, vorrei sparissero semplicemente tutti e facessero silenzio. Nessuna di queste persone desidera del tempo per pensare un po'?



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